La bella notizia è che, dopo anni, otto per l’esattezza, riesco di nuovo a leggere in spiaggia. Mai rilassata, solo poche righe per volta a intermittenza con il solito appello per la localizzazione dei figli, sicuramente non potrà durare oltre queste due settimane di ferie di Papà in 3D, ma rie-sco-di-nuo-vo-a-leg-ge-re-in-spiag-gia. E la cosa merita senz’altro di essere annotata.
Nei primi giorni qui al mare mi sono così potuta gustare pagina per pagina “Pastorale americana”, di Philip Roth. Un vero capolavoro, di scrittura e di introspezione. Un romanzo sull’America e sul sogno americano, incarnato da Seymor Levov, biondo ebreo di Newark soprannominato lo Svedese, che nell’adolescenza eccelle negli sport e poi si avvia nella giovinezza ad un’esistenza apparentemente perfetta, sposando per amore una reginetta di bellezza e prendendo in mano l’impresa di famiglia, un’industria guantaria di tradizione artigianale. Con lo stesso perfezionismo con cui cura la produzione dei suoi guanti, ligio al senso del dovere e alla responsabilità, uomo moderato e amabile, lo Svedese sembra realizzare in pieno il suo sogno semplice di una casa in pietra, con una bella moglie in cucina ed una figlia che si dondola sull’altalena appesa ai rami dei grandi alberi del giardino. Fino a quando proprio la sua amatissima figlia, Merry, appena sedicenne, scegliendo la strada dell’opposizione alla guerra in Vietnam attraverso un atto terroristico e la conseguente clandestinità da assassina, non fa letteralmente esplodere tutta la sua vita sciogliendo irrimediabilmente i legami familiari. E così lo Svedese si interroga e si incolpa, ma non ci sono colpe sufficienti, non ci sono risposte, c’è solo la perdita dell’ingenuità, c’è “la peggiore lezione che la vita possa insegnare: che non c’è un senso” e anche solo il ricordo di quello che bello sembrava ed era stato davvero diventa insopportabile.
Questo mi piace della letteratura, e della narrativa in particolare: non necessariamente c’è qualcosa da imparare, da condividere, ma c’è tutto un mondo da lasciar parlare, per quello che ha da raccontarci con la sua complessità e per l’ampio respiro che ha da offrirci.
E, nell’ambientazione della spiaggia su cui quest’Italietta produttiva e spesso razzista si gode le meritate vacanze, dove ogni tuttologo ha una sdraio da cui sproloquiare, dove ogni semplicistica affermazione di certezza, solo perché fatta a voce alta, trova un suo pubblico, dove la banalità si autocelebra, per me questa lettura è stata letteralmente una boccata d’ossigeno, seppur con un retrogusto parecchio amaro.
Tutta quella normalità interrotta da un delitto. Tutti i piccoli problemi che una famiglia si aspetta d’incontrare esagerati da una cosa con la quale non sarà mai più possibile riconciliarsi.
(…)
La figlia che lo sbalza dalla tanto desiderata pastorale americana e lo proietta in tutto ciò che è la sua antitesi e il suo nemico, nel furore, nella violenza e nella disperazione della contropastorale: nell’innata rabbia cieca dell’America.
Il vecchio compromesso intergenerazionale del paese di una volta, quando ognuno conosceva il proprio ruolo e osservava le regole con la massima serietà, l’acculturante dare e avere con cui siamo cresciuti tutti noi, la lotta rituale per il successo dei figli degli immigrati che diventa qualcosa di patologico… Dove? Fra tutti i posti possibili, proprio nel castello da gentiluomo di campagna del nostro straordinario Svedese. Un uomo che si ritrova in mano le carte sbagliate per la partita da giocare. Assolutamente impreparato a ciò che sta per abbattersi su di lui. Come avrebbe potuto sapere, con tutta la sua bontà così accuratamente calibrata, che il prezzo di una vita obbediente era tanto alto? Ci si rassegna all’obbedienza per abbassare il prezzo. Una bella moglie. Una bella casa. Un’azienda magistralmente gestita. Un padre difficile trattato abbastanza bene. L’aveva realizzata per davvero, la sua versione del paradiso. Così vivono gli uomini di successo. Sono buoni cittadini. Sono fortunati. Sono riconoscenti. Dio sorride loro. Se ci sono dei problemi, si adattano. E poi tutto cambia e diventa impossibile. Più nulla e nessuno che sorrida loro. E allora chi riesce ad adattarsi? Ecco un uomo che non è stato programmato per avere sfortuna, e ancora meno per l’impossibile. Ma chi è pronto ad affrontare l’impossibile che sta per verificarsi? Chi è pronto ad affrontare la tragedia e l’incomprensibilità del dolore? Nessuno. La tragedia dell’uomo impreparato alla tragedia: cioè la tragedia di tutti.
Ciao vacanziera! Quindi dvrò aspettare 8 anni prima di riiuscire a leggere un libro sotto l’ombrellone? Avrò 43 anni? Aiuto!!! Bellissima recensione e, al solito, ottime riflessioni. Devo comprarmi il libro. Un bacione e goditi la vacanze (almeno finchè c’è papà in 3D)!
anche io! dopo 4 anni ho letto già 3 libri in spiaggia ovviamente libri “leggeri” che posso lasciare e prendere senza perdere il filo del racconto
bellissimo, l’ho letto in un gruppo di anobii. Per il resto, beata te che leggi sotto l’ombrellone, a me non capiterà per i prossimo vent’anni credo, considerata l’irruenza che ben conosci dei miei!
davvero il mio genere! e pensare che i contemporanei, a parte qualche mito come garcia marquez e saramago, purtroppo non più contemporaneo, ho sempre paura di trovarli troppo pop…io sono snobbissima, quando si tratta di autori! invece roth mi ispirava già dopo aver letto un’intervista sul Venerdì, e ora, dalla tua recensione, lo metto decisamente in lista, e in cima!
il castello di carte del sogno americano, se vuoi lo trovi anche in un capolavoro di Yates che si chiama “i non conformisti” (nelle edizioni più recenti “revolutionary road”)che ti consiglio (recentemente è stato pubblicato dalla Minumum fax).
Io di solito leggo mentre allatto la nana o quando troneggio sul wc (pratico eh? ahaha).
PIo adoro,sai cosa? La sensazione di stand by quando fai l’occhietto ala pagina o metti il segnalibro e sembra come se avessi messo in pausa un dvd. Rimacino le scene a mente…e mi sembra di pensare a quei personaggi come fossero reali.
La magia dei libri, su carta. Non gli odiosissimi ebook!
Io ancora con i bambini in giro riesco raramemnte a leggere, è un continuo chiamare mamma, chiedere cose assurde o raccontare storie. Per passare il tempo di solito ricamo o lavoro a maglia.
Ulcy: dipende da quanti figli avrai… 😉
Ciao!
Supermamma: bello, eh?
Valewanda: conosco, conosco. Ma prima o poi ce la farai, vedrai…
Polly: Roth mi piace molto, e questo è senz’altro il miglior libro fra i suoi che per ora io abbia letto. Te lo consiglio!
Ma, senti, tu su aNobii ci sei? qui trovi la mia libreria, se ti va di dare un’occhiata e di unirti…
Bismama 2.0: anch’io amo l’oggetto libro, ma lo spazio delle librerie in casa purtroppo pone dei limiti… non mi pronuncio definitivamente sugli e-book, perché ultimamente ho visto la mia vita talmente trasformata dalla tecnologia, che “mai dire mai” 🙂
Oh mamma: anche per me ci sono stati tanti anni di ricamo, ma rubare di nuovo un po’ di tempo per la lettura è stata una gran bella conquista.
non ho mai letto roth ma lo farò … prima snobbavo sempre gli americani, poi mi sono data una ripigliata – perchè, in effetti, non c’ è alcun motivo per non farlo …
hai letto “le correzioni” di johnathan franzen? – un capolavoro.
ciao e … divertiti sotto l’ ombrellone ( beata te … )!
ciao, paola
Io non sono riuscita a finire di leggere Pastorale Americana. Non è che non mi sia piaciuto, però, non so, non mi ha preso. Prima o poi lo farò, immagino, anche perché ero arrivata oltre l’attentato della figlia.
Buone letture!
Paola: grazie del consiglio, me lo segno.
Amanda: a volte capita… Peccato! Io l’ho letto d’un fiato.
Buona estate anche a te 🙂
@mamma in3d: su anobii non ci sono (volontariamente) perchè finirei per non lavorare mai più…e da giugno a dicembre qui in ufficio è il delirio! comunque…si sa mai!
Capisco, Polly. Chissà, magari a gennaio… 😉