In queste prime giornate di euforia primaverile, niente è più frustrante, per la casalinga disperata che si nasconde in me, del guardarmi intorno e accorgermi di come i primi raggi di sole deciso svelino impietosamente tutte le magagne della casa che il grigio invernale mascherava così bene. La prima e più facile soluzione è quella di assecondare il risveglio della natura e scappare per trascorrere più tempo possibile fuori. Ma il periodo delle allergie incombe, lo sguardo continua a cadere laddove i raggi di sole insistono… e così mi tocca fare i conti con la dura realtà delle pulizie di primavera.
Il mio incontro con Dyson e le #sfidedysoniane
Il primo ricordo che ho su James Dyson è che anni fa mi addormentai davanti a un documentario che lo vedeva protagonista. Ma questo potrebbe non essere un avvenimento degno di nota, perché sono solita dormire sul divano col sottofondo dei documentari che guarda Papà in 3D.
Però, al risveglio, mi colpì il suo entusiasmo: “Quest’uomo è un grande: ha avuto un’idea geniale”.
E così -come dire?- la curiosità per il lavoro di James Dyson mi è entrata nell’inconscio.
Guardate dove vi porta la mamma: PlayFest 2013
Nel pieno del mese di luglio, quando finalmente le temperature estive iniziavano a scaldare questa strana stagione, ho riempito alla cieca una borsa di vestiti, abbandonato il mio orticello sul balcone della casa del mare e le nostre rassicuranti posizioni sotto i soliti ombrelloni blu. Tutto ciò, per chi mi conosce da qualche anno, ha già i contorni dell’evento eccezionale (infatti qui in spiaggia, vedendoci sparire per un paio giorni, hanno lanciato l’allarme dandoci per dispersi).
Ma ancor più eccezionale è quello che i miei figli hanno potuto raccontare agli amici al nostro ritorno.
Siamo stati a Londra, dove PlayStation ci ha invitati nella sede centrale europea di Sony Computer Entertainment per la PlayFest.
Virtualmente senza confini
Da qualche giorno ho fra le mani il mio primo iPhone, un oggetto del desiderio che, devo dire, avevo sottovalutato finché non ho cominciato a scoprirne le potenzialità in prima persona.
Quando la moglie diventa blogger
Proprio non sono capace di avere dei segreti con Papà in 3D.
Così il brivido della mia identità sconosciuta nella blogosfera è durato all’incirca mezza giornata: il tempo di scegliere nickname e titolo del blog, e poi già gli ho raccontato tutto e lui, non so bene se divertito o incuriosito, non mi sembra infastidito nè critico, mi ha fatto persino da consulente d’immagine nella personalizzazione del template, destreggiandosi con pazienza fra impercettibili variazioni di toni di viola, di caratteri, stili e dimensioni.
Lo Zio d’America ai tempi di Skype
Meno male che c’è Skype: abbiamo uno Zio, il mio fratellino, che vive in California, uno scienziato in erba, o cervello in fuga, come si dice adesso.
Un moderno Zio d’America, che i bambini hanno imparato a vedere quasi ogni settimana nello schermo del computer, davanti al quale con naturalezza si esibiscono e dal quale lo Zio li osserva intenerito con in braccio il suo cagnolino che i nipotini vezzeggiano da questa parte dell’Oceano come se potessero accarezzarlo.